"Regolarizzare i Migranti"
La permacultura esiste perché esiste la natura. La natura presuppone l'esistenza di due parti con interessi contrapposti: il cavolo e la capra, l'ecosistema naturale e la cittá. Alcune ecosofie vorrebbero cancellare o ignorare questa opposizione fondamentale.
Per contribuire a una interpretazione più approfondita della permacultura, è stato aperto questo sito, ispirato all'ignoto pensiero di Paperinik: «è interessante notare come una vera e felice autosufficienza di molti ecovillaggi in rete, vista dalla cittá somigli più a una disgrazia per la città e per l'economia tutta». Una verità scioccante ma dalle conseguenze numerose e visibili a tutti...
Pensiamoci: se a un laureato gli offri di raccogliere pomodori per sole 4-5 ore al giorno e con buona paga, pensate rinuncerà?
Ma se gli offri il medesimo lavoro per 10 ore al giorno sotto il sole piegato come un tacchino e per metà della giusta paga, certo che nessun italiano con un minimo di WELFARE FAMILIARE si precipiterà a fare il pollo allo spiedo in azienda agricola!
Resteranno "disponibili" per quel lavoro massacrante solo i morti di fame venuti da un'altro paese e/o in preda a fortissime disgrazie personali.
Accettare che alcuni nullatenenti migrati da oltreoceano lavorino così duramente al posto della popolazione autoctona, è INGIUSTO.
I lavori USURANTI dovrebbero godere di regolamentazione privilegiata, affinchè siano TOLLERABILI e PRATICABILI e BEN RETRIBUITI PER TUTTI.
Un bracciante regolarizzato a 9 ore di raccolta manuale al giorno in un deserto di cavoli per 3€ l'ora, sarà sempre e solo uno scampato al mare, ad una guerra o altro. Gli italiani con ancora una casa, un tozzo di pane, una speranza in uno STATO LEGITTIMO, a questo sfacelo umano, professionale e sociale dicono "anche no". Per una persona normale e civile è troppo pesante un lavoro agricolo così malpensato!
Regolarizzare le paghe-da-fame per lavori-tortura, non è una conquista della civiltà!
La mera "regolarizzazione" non basta SE VUOI DARE QUEL LAVORO PURE AGLI ITALIANI NON-PROFUGHI magari con una segreta passione per il "lavoro all'aria aperta"!
Ed ecco infine una bellissima ed esemplificativa testimonianza di LAVORO AGRICOLO IN ITALIA NEGLI ORMAI MITICI ANNI '90:
"Mi capitò di fare la raccolta di pomodori, resistetti metà giornata; io ho la carnagione da rosso irlandese e la fronte con il caldo era un rubinetto aperto, con la polvere un inferno, non parliamo del non allenamento a restare piegati per ore. Ero andato volontariamente e non mi andava di rinunciare, chiesi al contadino se più avanti ci fosse stato qualcos'altro da fare, lui capendo che avevo bisogno mi disse con un sorriso: "Vieni tra un mese, raccogliamo le pere".
Feci la mia campagna delle pere bello contento dritto sul carro che avanzava lentamente tra i filari con il mio cappello/ombrello, alla fine ricevetti con regolare contratto di lavoro stagionale 2 milioni di lire per un mese di lavoro. Era il '91 se non ricordo male, campagne di Correggio.
Morale della favola, nella "Italietta della liretta" i lavori venivano pagati benino considerato che eri giovane e principiante, quasi tutti avevamo fatto esperienze simili (vigneti) per racimolare soldini per lo studio o per il motorino, che potevi comprarti con un solo mese di lavoro.
Non è vero che i giovani sono viziati (un po' lo sono, ma lo era anche la mia generazione classe anni '60): se c'è il ritorno economico e regolare contratto con versamento di contributi i ragazzi con la loro spontanea voglia di indipendenza e voglia di vivere andrebbero ancora a fare queste esperienze, non certo nelle condizioni da schiavo dell'800 di oggi".
by Marco