"Come in Cielo così in Terra"
La permacultura esiste perché esiste la natura. La natura presuppone l'esistenza di due parti con interessi contrapposti: il cavolo e la capra, l'ecosistema naturale e la cittá. Alcune ecosofie vorrebbero cancellare o ignorare questa opposizione fondamentale.
Per contribuire a una interpretazione più approfondita della permacultura, è stato aperto questo sito, ispirato all'ignoto pensiero di Paperinik: «è interessante notare come una vera e felice autosufficienza di molti ecovillaggi in rete, vista dalla cittá somigli più a una disgrazia per la città e per l'economia tutta». Una verità scioccante ma dalle conseguenze numerose e visibili a tutti...
E’ verosimile credere che in paradiso l’ospitalità non si vende e non si compra.
E’ altrettanto temerario credere che prima o poi il paradiso allargherà i suoi confini e cadrà sulla terra come neve in autunno.
E come la neve nasconde ogni passo furtivo, così la permacultura organica prova a nascondere i passi sbagliati della permacultura urbana, fra cui quello di offrire ricetto a pagamento!
Non è semplice non sentire il gelo che offre questo tipo di “ospitalità”.
Noi lo abbiamo avvertito, e perciò abbiamo imparato a distinguere la “Ospitalità Alberghiera” dalla ”Ospitalità Organica”.
Questa è una conquista intellettuale poco onorevole per l’umanità, giacché se è stato necessario sottolineare e persino spiegare esaurientemente le differenze, ciò vuol dire che quel che un tempo era considerato un valore SACRO, ovvio e popolare, è sparito dalla terra anch’esso come la neve: senza fare rumore.
Ma quel che è più grave, è che gradatamente sparisce nei casi più riusciti di permacultura, ove l’alloggio è divenuto troppo confortevole e troppo prezioso per non giustificare un pagamento, allorquando ove resta la tenda da campeggio e la ciotola colma di erbaggio spontaneo a mò di ricetto, l’ospitalità continua a restare “organica” (cioè gratis).
In effetti, il medioevo è passato da un pezzo, fra i paesi del primo mondo non ci sono più balordi per le strade pronti a violentare solitarie donzelle che si recano al pozzo sotto la luna; lupi e licantropi si sono estinti; tutti hanno ormai un lavoro, una famiglia, il cibo e l’acqua calda in casa, e perciò «se vuoi cambiare casa per qualche giorno… perché mai non dovresti pagare?».
L’inferenza è corretta, ma si applica più opportunamente a quelli che si sono meglio adattati alle prodigiose virtù del City System.
Se sei adatto ad una cosa sbagliata
Non sei sbagliato anche tu?
La permacultura organica non è un progetto di permacultura urbana o di permacultura scientifica, né anarchica.
Noi, in permacultura organica, siamo chiamati ad occuparci degli altri, di quelli che “non ce l’hanno fatta”, dei “morti di fame”! I quali, invero, sono gli stessi che hanno scelto la “libertà”, cioè il licenziamento, la disoccupazione.
Oh, quanti risplendenti pifferai incastrati nelle note di una orchestra celeste, hanno infine scelto l’infelice destino del vagabondo! E con tanto di affamati piccoli a seguito!
Noi, in permacultura organica, siamo stati chiamati ad occuparci di quest’ultimi.
Come artisti liberi, quindi pazzi, essi vanno transitando da una regione all’altra a bordo del loro camper, e sovente cercano “ospitalità”.
La permacultura popolare tende a guardare tali eccentriche soluzioni come portenti di grazia generati in un rispettabilissimo momento di illuminazione sovrana, perché “scorri come l’acqua” è uno dei motti più virali della permacultura “interiore”, oltre che delle filosofie sciamaniche. E tuttavia, resterà incantata a guardare le stelle soltanto un momento; dopo un po', anch’ella chiederà il conto.
“Ottieni una Resa1”
Praticare la sacralità della vera ed originaria Ospitalità, alla povera umanità itinerante così necessaria, infatti, è un pessimo impegno ed un vile gravame economico.
Essa sottopone l’hoster agreste ad almeno 2 stress:
Il primo: “Oh tu ospite miserabile, ciò che mangi e che io ti do da mangiare... forse che non costa? Verrà forse il tuo padrone a rifondarmi delle spese sostenute per te?” (cfr. Luca 10, 25-37).
Il secondo: “Oh tu misterioso uomo che giungi a noi da bisunti lontani anfratti, come posso esser certo che non offenderai con inopportuni insegnamenti i miei figli che siederanno a tavola con te e con pidocchi i nostri letti?”.
Al sorgere di tali mostruosi spettri, ogni hoster pur nobilitato dagli altissimi propositi umanitari della permacultura (come del più anziano cristianesimo), si richiude in se stesso, e se “ospitalità” ha da fare, lo farà per lavoro! Cioè per denaro, vera, degna consolazione di un disturbo ‘si profondo.
Vorremmo allora contrapporre 2 angeli:
Il primo: dove c’è terra, c’è la possibilità di lavorarla. Dove c’è un officina o un laboratorio artigianale, c’è la possibilità di lavorare in quel laboratorio o in quella officina, ovvero di ripagare organicamente l’ospitalità, la quale possibilità non esiste in un comune appartamento in città.
Il secondo: la carità, se è tale, non può non implicare qualche sacrificio personale, altrimenti non si chiamerebbe “carità” ma “divertimento”!
Essa invero è un “lavoro”.
Tuttavia, una intelligente perma-cultura può sempre offrirci vie terze per ridurre il peso di tale lavoro sul cuore e le membra della struttura ospitante.
Se, infatti, l’ospite venisse prelevato da altri circuiti - magari suggerito da amici affidabili (ad es. volontari di associazioni che già operano nel sociale), esso non sarà “il primo che capita”, il primo immigrato che sbarca da un paese in rovina. Potrà essere pre-lavato e pre-disinfettato. Se poi gli si assegna una propria stanza con un proprio bagno, eventuali sconcezze rimarranno confinate in quella stanza e non salteranno nel nostro bagno. In una casa opportunamente attrezzata ad una organica forma di ospitalità (ad es. un cerel), i pre-esistenti ritmi di vita familiare e comunitaria come la igiene personale di tutti, resteranno nel complesso indisturbati.
L’Ospitalità un tempo era sacra e non era solo “turistica” o “alberghiera”, perché rifiutandoti di ospitare un girovago mettevi in forse il valore più sacro di tutti: la sua vita.
Rimosso in Occidente tale pericolo grazie alle prodezze tecnologiche del City System, l’ospitalità può qui farsi TUTTA A PAGAMENTO, eppure una ospitalità offerta a pagamento mette in forse un valore ugualmente sacro: la Carità Fraterna, l’Amore Reale, disinteressato ed incondizionato, sinceramente demonetizzato, da cui dovrebbe spicare qualsiasi forma di permacultura interiore.
Togliete questo, e fredda come la neve cadrà dall’alto permacultura soltanto URBANA.
1 Così traducono alcuni permacultori professionisti, l’originale principio holmgreniano “Ottieni un Raccolto”. Dove c’è una resa c’è un profitto, e pertanto, se non ti “ap-profitti” di alcune situazioni, secondo codesti esperti, non farai permacultura a livello professionale!
Ma la parola “raccolto” è migliore ed andrebbe tenacemente conservata nella traduzione del Primo Principio, perché denota sempre qualcosa di più o meno concreto - intendendo con ciò che anche quando fai volontariato, dovresti mirare alla produzione ed al prodotto come esito dello sforzo singolo o di gruppo; mentre la parola “resa” è più volgare, denota un raccolto che può benissimo essere anche solo puramente economico, lucrativo, frutto di abili calcoli di mercato. “Ottieni una Resa”, perciò, è la traduzione della permacultura più adatta ad un ambiente bioliberista, come segnale di quella marcescenza che nel segreto della cesta, comincia ad infettare tutte le altre mele.