La permacultura NON è un sistema di progettazione di attività agricole, ma un modello di organizzazione di attività UMANE ottimamente integrate alle "leggi" di natura e tuttavia non castranti per la natura umana.
Un modello di permacultura "funzionante", ben progettato, reca gioia e godimento tanto alla natura dell'uomo che alla natura in sè, la quale dall'intervento umano viene arricchita di un inestimabile "quid", leggero come un respiro, potente come un raggio di sole.
La permacultura NON vuole creare un "sistema ecologico permanente", perchè anche la savana è un sistema ecologico permamente!
La permacultura vuole creare un sistema ecosociale funzionante.
La permacultura non è agricoltura, quindi non le interessa elaborare (solo) sistemi colturali perfetti.
La permacultura non è sociologia, quindi non le interessa elaborare (solo) sistemi sociali perfetti.
La permacultura non è allarmismo nè gretinismo contro gli "sprechi", e non si affida a Draghi e leggi draghiane per salvare il pianeta; è invece CULTURA PRIVATA contro gli sprechi e a favore della responsabilità personale. La permacultura raggiunge la sua massima efficienza, di valore positivo per l'umanità e non negativo, quando l'amore ed il rispetto per la natura e tutti gli esseri viventi percola più dal basso verso l'alto che dall'alto verso il basso.
Per far funzionare il suo sistema ecosociale, la permacultura si affida a 3 principi superiori:
Questi tre principi sono più etici, morali o "coscienziali" che tecno-scientifici, quindi sono implicati nei 12 principi progettuali della permacultura holmgreniana soltanto tangenzialmente. Nei momenti di incertezza, però, forniscono un solido contenitore interpretativo ed il necessario limite al sempre sconfinato orizzonte ermeneutico.
Ogni principio va letto e considerato certamente prima di qualsiasi progettazione e intervento in permacultura. Solo questo però, altrettanto certamente, non basta. L'assimilazione dei 12 principi della permacultura e la loro più opportuna interpretazione, può avvenire solo mentre si opera "sul campo".
Il principio n.1 della permacultura suggerisce di "OSSERVARE E INTERAGIRE", perchè VEDERE NON E' OSSERVARE e quindi prima di mettere mano all'aratro, Holmgren suggerisce di fare qualcosa di più che vedere l'aratro, il bue, le piante e il terreno: suggerisce di osservare (il tutto).
Di fatto, però, purtroppo, nonostante qualsiasi buona volontà e vicinanza allo spirito del Buddah, scopriremo spiacevolmente che non basta guardare insistentemente una cosa per udirne le voci: la cosa resiste al nostro sguardo e, anzi, ogni nostra "aggressione" potrebbe celarci la sua essenza ancora più formidabilmente.
Holmgren allora accosta il termine "INTERAGISCI".
L'interazione diventa così strumento di scoperta del mondo ovvero metodo per pervenire ad una più profonda osservazione dell'oggetto. In altri termini: coinvolgendoci materialmente nella cosa, acceleriamo la comprensione della cosa stessa. Ecco perchè non farsi scrupolo ad "interagire".
Ma il primo principio della permacultura non dice «prima osserva e poi interagisci». Sebbene vi sia una naturale consequenzialità cronologica tra i tue processi, e sebbene tu debba senz'altro vedere ciò che ti è intorno per interagirvi correttamente, la giusta osservazione potrebbe in alcuni casi scaturire soltanto DOPO una certa quantità di interazioni concrete. Il primo principio della permacultura, quindi, non è da leggersi alla lettera! Esso denota piuttosto che le due scelte, osservare ed interagire, sono intimamente legate, e possono implicarsi vicendevolmente.
Se agisci senza capire, sbagli. Ma se non capisci, agisci!
Holmgren decide di sostenere questo suo primo principio, con la frase “la bellezza è negli occhi di chi guarda”. Scelta "romantica" che ci ricorda quanto il problema (la "bruttezza") talvolta è nel modo con cui guardiamo il mondo; appunto chiaramente filosofico questo che evidenzia come la cultura della permacultura, nelle intenzioni di David Holgrem, non fosse destinata solo ai contadini...
La frase con cui Holmgren ha scelto di riassumere il secondo principio della permacultura è “prepara il fieno finché c’è il sole”, perchè se devi fare un lavoro che richiede energia, meglio utilizzare una energia naturale GRATUITAMENTE DISPONIBILE (il sole) anzichè una tua prelevata dalle tue risorse o dalle tue riserve.
Da una parte, quindi, questo principio promuove la "pigrizia" - il lavoro non devi farlo tu, se possibile, devi farlo fare al "sole", alla Natura! - dall'altra ci ricorda di rimanere vigili perchè se t'impigrisci troppo e aspetti che il sole esca fuori di scena o, come dice lui, fuori "dal sistema" - il fieno per le vacche dovrai riscaldarlo e deumidificarlo col calore delle tue mani e del tuo fiato, ad autunno inoltrato. Ciò sarebbe molto scomodo e pure inefficace.
Naturalmente, Holmgren e la permacultura in generale, non sono così rozzi da riferirsi con questo principio alla energia fotovoltaica o alla conversione degli allevamenti di bovini con più sostenibili allevamenti di insetti.
David Holmgren vuole suggerire l'idea che anche un sistema energeticamente dispendioso come l'allevamento delle vacche, diventa assolutamente sostenibile quando l'energia naturale si trova a transitare naturalmente sopra il nostro sistema (artificiale) secondo i suoi propri ritmi naturali.
Riesci a comprenderlo?
Il mondo naturale deve essere osservato (primo principio). Individuate le sue (naturali) fonti di energia, esse devono essere abilmente intercettate per servire il nostro sistema, che, diversamente da quanto sembrano dire i gretini, non è malvagio solo perchè innaturale, artificiale, antropico! Esso sarà "nobile", ecologico e performante se lavorando noi uomini nei tempi e nei modi giusti, imbriglieremo a nostro vantaggio l'energia del "sole" in transito occasionale o sistematico DENTRO il nostro sistema.
Il secondo principio della permacultura - "Raccogliere e conservare l'energia" - non è neppure un inno gretino contro gli sprechi. Non è questo, al momento, l'invito di Holmgren. Con esso vuole spronare gli uomini ad USARE E/O INVENTARE TECNICHE PER INCAPSULARE L'ENERGIA IN ECCESSO CHE TANGE IL SISTEMA IN CUI VIVIAMO. Devi raccoglierla prontamente per i lavori attuali, e conservarla per quelli futuri (o imprevisti).
Con questo secondo principio Holmgren introduce infine il concetto di sistema... locale.
La parola "sistema" ai giorni nostri ha assunto una connotazione molto negativa, perchè "Il Sistema" in effetti non può che essere globale, universale, ed in quanto tale, anche se divino, non potrà che schiacciare, infine, tutte le minoranze, quindi le singole originalità umane con le loro debolezze ma anche con le loro virtù.
Con l'espressione "SISTEMA LOCALE" Holmgren genera invece una utile suggestione: non rinunceremo all'ordine, alla coesione e alla uniformità di vedute, ma in quanto "locale" e non "globale", "il sistema" non potrà che risultare pluriforme, quindi nel complesso libero e tollerante.
Se un sistema (locale) non ti ama e non ti rispetta, potrai sempre sperare di abitarne un altro.
Tante gilde e tanto diverse, danno casa alle eccezioni stilistiche. Un solo sistema, magari anche perfetto, invece, no.
Il "nostro sistema" per Holmgren è soltanto la nostra piccola casa in campagna; egli invita a "raccogliere e conservare l'energia" non proprio ad interi paesi, città e nazioni, ma prima di tutto alla nostra tenuta magari di pochi ettari soltanto, ma che relata ad altre tenute, può creare un sistema locale eppure sociale, artificiale eppure ecologico, politico e tuttavia pluricefalo, ovvero aderente ai desideri e alle tradizioni locali.
Il terzo principio della permacultura è il proposito di attuare tutti quei comportamenti, tutte le pratiche e le azioni che portano a una fruttificazione, ad un raccolto. La frase che rappresenta tale principio è “non si può lavorare a stomaco vuoto”.