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Permacultura & Razionalità: SVILUPPARE IL TERRITORIO

"Sviluppare un territorio" in permacultura è diverso dallo svilupparlo economicamente. La permacultura infatti non nasce per commerciare meglio tra noi!

tratto dal libro
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M.P.B.M
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di A. Francesco Papa

circle

La permacultura è una cultura locale, più filofisica che filosofica.
Da ciò il mio originario interesse per essa come integrazione e compimento al mio corso di laurea in filosofia.
Purtroppo, in seguito, le mie molte delusioni. Ma qualcosa in me ancora è rimasto del buon samaritano d'un tempo, quindi continuo di quando in quando a buttare giù qualche idea, in atto di misericordia verso una povera così povera e lacera.


Il territorio si può sviluppare a partire dal centro per poi procedere verso l'esterno, oppure dall'esterno per poi procedere verso l'interno. Dal basso vero l'alto o dall'alto verso il basso. Sono 2 modi ugualmente efficaci di far "funzionare" un "territorio", dove per "territorio" s'intende una sorta di sinolo persone-terra in cui la persona non esiste senza gli alberi e le piante, e gli alberi e le piante trovano anima nella persona.

 

Basta farsi l'orto per "svilippare il territorio"?

 

Ovvio che no!
Che l'orto sia solo e soltanto un orto lo sanno tutti sia in permacultura che per le vie del mercato, ma la permacultura stessa non ha strumenti pratici per condurre una "rivolta" del territorio (nel senso di "ribaltamento" e non proprio di "rivoluzione").
Gli strumenti "accademici" della permacultura sono infatti i
12 principi di David Holmgren, che per quanto utili e, un tempo, rivoluzionari, sono appassiti al sole del gretinismo sociale.

 

Progetta dal modello al dettaglio! (7° principio holmgreniano)

 

Ma Holmgren non ha osservato che proprio la parola «modello» non piace agli ecoanarchici, i quali sono l'utenza privilegiata della permacultura!
Negli anni '80 non poteva ancora saperlo, del resto, nè poteva immaginarlo!
Essi pertanto - tali permacultori - non possono accettare del tutto serenamente l'idea secondo cui «il territorio si può sviluppare a partire dal centro per poi procedere verso l'esterno, oppure dall'esterno per poi procedere verso l'interno», poichè per essi è lecita e legittima sempre e solo una direzione di ribaltamento sociale: dal basso verso l'alto, ovvero dall'interno verso l'esterno, e mai da una solida organizzazione centralizzata verso la frammentata realtà sociale materiale esterna, che per essi dovrà procedere e inventare cose nuove sempre e solo "liberamente", anarchicamente appunto.
Il loro modello di sviluppo ecologico del territorio è per lo più questo, non bidirezionale ma monodirezionale, ed è disfunzionale, zoppo! Giacchè non riconosce il fatto che, nella storia, praticamente, 100 ben organizzati tra loro hanno sempre inciso nel collettivo ben più e molto meglio di 10 mila scoordinati tra loro. Ma, per fare questo, quei cento hanno dovuto regolarsi su uno STATUTO COMUNE, una "legge" INTERNA che i permacultori ecoanarchici tendono a disprezzare non in quanto ingiusta ma soltanto in quanto norma, regola di comportamento.

 

E tu, come ti permetti di "regolarmi"?

 

Neppure un GRUPPO MINIMO AUTONOMAMENTE SCELTO E TOTALMENTE DEMOCRATICO, ha per essi tale diritto, nè ora nè mai! Credendosi dèi, come dèi vogliono essere trattati. E si sa, Dio crea le regole e mai le subisce, altrimenti che Dio sarebbe?

 

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Progetta dal modello al dettaglio! (7° principio holmgreniano)

 

Volendo quindi procedere dal modello al dettaglio, e ponendo come modello la seguente obbrobriosa regola:

 

Il territorio si può sviluppare a partire dal basso per poi provare a risalire verso l'alto, oppure dalla classe dirigente più alta per provare da li a plasmare i flussi sociali sottostanti. Sono 2 modi ugualmente efficaci di far funzionare un territorio...

 

...si potrebbe dettagliare lo "sviluppo di un territorio" in permacultura, alla seguente maniera:

 

  1. Tarare uno spazio colturale attentamente sulla propria reale disponibilità di tempo e di spazio.
  2. Contattare un secondo orticultore non per ridere insieme (o non solo), ma per scambiarsi le SEMPRE POSSIBILI ECCEDENZE. Esse ci saranno ed in sede di progettazione è poco conveniente "regalarle". Meglio barattarle! Di norma non è possibile prevederne le quantità in anticipo, soprattutto se si è novizi, però è possibile regolare in anticipo il CANALE DI SBOCCO. Una associazione locale di permacultura potrebbe assicurare proprio questo, come anche dare fiducia a chi è solo, istruire gratuitamente l'ignorante che un giorno si alza e vuole far sua questa nobile missione: coltivare un pezzetto di terra.
  3. Integrare la propria produzione con quella di almeno un altro orticoltore a noi pari per tempo/spazio colturale dedicato, strettamente, come se il PIANO COLTURALE fosse UNO per entrambi e non multiplo. Meglio se la terra di questo secondo o terzo orticultore goda di diverse condizioni pedo-climatiche. Se quindi io ho bisogno di asparagi e mi piacciono molto ma non posso coltivarli perchè sto in montagna, nostra cura sarà quella di fornire asparagi al gruppo interno cercando di integrare nel circuito un tale che possa o voglia coltivare asparagi PER TUTTI o almeno per qualcuno di noi. Una associazione locale di permacultura, potrebbe occuparsi di reperire proprio questi terzi soggetti.
  4. Stabilire norme e regole interne affinchè la persona e non il denaro sia misura di tutte le cose. Una associazione locale di permacultura potrebbe fare proprio questo, cioè vigilare, ad esempio, affinchè non la vendita ma il baratto delle eccedenze stagionali di tutti a favore di tutti sia norma che il gruppo rispetta.
  5. Una associazione locale di permacultura dovrebbe lavorare nel lungo periodo affinchè una dieta studiata, concordata, biologica, completa ed equilibrata diventi naturale ed economicamente accessibile per TUTTI i membri interni al piccolo corpo sociale, e non soltanto per qualcuno dei nostri secondo le sue eventualmente migliori finanze.

 

In questa maniera l'orticoltore diventa permacultore e sviluppa il territorio ovvero quel "sinolo" persona-terra di cui parlavamo in capo-pagina, non più in senso economico come desidera la cultura occidentale, ma in senso puramente sociale a partire da una necessità comune a tutti: il dover mangiare (sano), e a partire da un desiderio comune a tutti i permacultori: coltivare la terra relazionandosi positivamente e produttivamente con persone con interessi simili ai nostri.

 

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